Ex Borsisti

Ex Borsisti

  • Efrem Bertini

    Efrem Bertini è nato a Tione di Trento nel 1980. Ha conseguito la laurea in Biotecnologie Agrarie vegetali presso l’Università degli Studi di Milano. Ha iniziato la sua prima esperienza di ricerca per la tesi di laurea presso i laboratori di Biologia e Biotecnologie Agrarie del CNR di Milano a cui è seguita un’esperienza all’estero presso la Shool of Biology di Leeds (UK) Entrambi i progetti riguardavano lo studio della via di secrezione in cellule vegetali,avvalendosi degli strumenti offerti dalla Biologia molecolare Dopo avere svolto un breve periodo presso il Regina Elena di Roma , Efrem, nel giugno 2006, si è unito al team di ricerca dell’Istituto Weizmann , in qualità di “visiting student”, presso il Dipartimento di Biologia Molecolare diretto dal Prof. M. Oren.

    Progetto di Ricerca
    Il progetto di ricerca verte sul ruolo della proteina p53, che agisce, come ormai numerosi studi hanno dimostrato, come un fattore di trascrizione capace di attivare l’espressione di numerosi geni. Efrem così descrive la sua attività di ricerca presso il laboratorio del Prof. Oren: “Il mio progetto riguarda l’analisi di una proteina citosolica, Yap1, che, in risposta a determinati stimoli può localizzarsi nel nucleo dove funge da co-attivatore genico. I primi dati mostrano che essa si modifica in seguito a danno ai microtuboli, anche se è ancora ignota la natura di questa modifica. I microtuboli sono alla base del sistema di spostamento degli organelli intracellulari nonchè della corretta ripartizione cromosomica alle due cellule figlie al momento della divisione cellulare. Una scorretta ripartizione cromosomiale si riflette in uno stato detto di “aneuploidia” in cui si ritrovano molte cellule tumorali. Lats2 è una proteina centrosomiale recentemente oggetto di studio nel nostro laboratorio. Essa risponde ai danni ai microtuboli attivando una risposta mediata da p53 e prevenendo la nascita di cellule aneuploidi. Dai primi dati che sto ottenendo sembra che vi sia un’interazione tra Yap1 e Lats2, lasciando presupporre l’esistenza di un pathway del segnale ancora ignoto e che sarà oggetto dei miei studi futuri.”

  • Elena Monticelli

    Elena Monticelli è nata a Milano l’11 giugno 1979. Si è laureata in Chimica il 22 luglio 2005 con una tesi su “sintesi e studio di leganti azotati chirali” presso l’Università degli Studi di Milano con il professore Ragaini, per il quale ha lavorato un anno nel dipartimento di Chimica Organometallica. Ha anche collaborato a un lavoro di ricerca presso l’università RWTH di Aachen (Germania) su Complessi Chirali di Cr con PinBipy e amminoacidi (prolina e leucina). Nel gennaio 2006 ha vinto la Borsa di studio Sergio Lombroso recandosi nello stesso mese al Weizmann Istitute of Science di Rehovot. Elena è stata ospitata dal professore Mati Fridkin in qualità di Visiting Student presso il dipartimento di Chimica Organica al fine di seguire un progetto di ricerca già iniziato dal dott. Emanuel Perugia (borsa di studio Sergio Lombroso 2003) in “studi chimici-fisici e biologici su SAA e relativi peptici”

    Progetto di Ricerca
    La dottoressa Elena Monticelli così descrive la sua attività di ricerca: ”La proteina Siero Amiloide A è un marker specifico di patologie tumorali, è infatti altamente espressa in molti tipi di cancro. Bisogna chiarirne il suo ruolo eziologico. Studierò l’aggregazione patologica della SAA e la possibilità di sintetizzare composti per il trattamento dell’ amiloidosi reattiva o secondaria, la malattia risultante dal processo degenerativo di distruzione progressiva degli organi invasi da questa proteina. Effettuerò sintesi organiche, sintesi di peptidi in fase solida e imparerò ad usare molte tecniche biofisiche e biologiche”

  • Eleonora Marrazzo

    Eleonora Marrazzo si e’ laureata in biotecnologie mediche presso l’Università degli studi di Milano, iscritta al corso per specialista in ricerca farmacologica presso l’istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri. Dal settembre 2002 svolge la sua attività di ricerca scientifica nel laboratorio di farmacologia molecolare del dott. Massimo Broggini, presso il dipartimento di oncologia dell’istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano. Il lavoro svolto in questi anni si è sviluppato attraverso due principali linee di ricerca: la prima rivolta a caratterizzare “in vitro”, analizzando il profilo di espressione genica con la tecnica dei microarrays, il meccanismo molecolare di resistenza ad un composto naturale di origine marina con peculiare meccanismo d’azione, l’ecteinascidina 743 (et-743); la seconda indirizzata alla caratterizzazione “in vitro” del ruolo della proteina p73 e di alcune sue isoforme. Nel settembre 2005 ha iniziato un progetto di ricerca in collaborazione col laboratorio della Prof.essa Varda Rotter presso il dipartimento di biologia cellulare e molecolare dell’istituto Weizmann, grazie ai fondi della borsa di studio Sergio Lombroso.

    Progetto di Ricerca
    Eleonora Marrazzo così descrive la sua attività di ricerca: “la ricerca che sto conducendo è volta alla comprensione del ruolo di p73, e in particolare delle sue diverse isoforme, come determinanti cellulari della risposta al trattamento con farmaci antitumorali. Il gene codificante per la proteina p73 è stato recentemente clonato e caratterizzato come gene omologo dell’oncosoppressore p53. Ciononostante, le proteine p73 e p53 possiedono funzioni differenti, soprattutto per quanto riguarda la crescita tumorale. A differenza di p53, il gene codificante per p73 possiede una regolazione complessa: per splicing alternativo si originano una serie di isoforme che hanno in comune la parte n-terminale e il dominio centrale di legame al DNA, e differiscono per la porzione c-terminale. E’ stato osservato che in alcuni tumori è presente una forma tronca di p73, detta dnp73, che manca della porzione transattivante localizzata nella parte n-terminale. Studi recenti indicano che la dnp73 potrebbe agire da dominante negativo, bloccando la funzione della p73 stessa. La forma dn utilizza per la sua trascrizione un secondo promotore, diverso da quello utilizzato per la sintesi del trascritto intero, che contiene un sito di legame per p53 e che fa pensare alla possibile esistenza di un feedback negativo tra p53, p73 e la forma dn. L’overespressione della dnp73 in alcuni tumori umani potrebbe essere associata ad una prognosi infausta. Il progetto prevede la generazione di modelli cellulari inducibili con tetraciclina che presentano diversa espressione di dnp73, a partire dalla linea cellulare di coloncarcinoma umano hct116 mancante del gene p53 (hct116 p53-/-) e dalla linea cellulare di tumore al polmone h1299. Questi cloni ci hanno permesso di studiare l’impatto della sovra-espressione di dnp73 in un contesto cellulare che non esprime una p53 wt. I cloni sono stati caratterizzati “in vitro” sia per la crescita cellulare che per la loro sensibilità all’attività citotossica di diversi agenti antitumorali. I risultati ottenuti fino ad ora indicano che la presenza di elevati livelli di dnp73 non modifica la crescita cellulare e l’attività citotossica di diversi agenti antitumorali. La ricerca che verrà svolta presso l’istituto Weizmann sarà diretta a valutare nei nostri cloni cellulari, mediante tecniche di chromatin immunoprecipitation (chrip), l’attività trascrizionale di p53 e p73 in presenza o assenza di alti livelli della proteina dnp73. Inoltre si cercherà di caratterizzare l’attivazione trascrizionale di geni mediata da dnp73 con un meccanismo indipendente da p53 e p73. Lo studio prenderà in esame geni responsivi a p53 e alle varie isoforme di p73

  • Michael Miglioli

    Michael Miglioli è nata a Rovigo il 2 settembre 1969, si è laureata nel giugno 1999 presso l’Università di Bologna in Medicina e Chirurgia discutendo la tesi: “La difficoltà di intubazione tracheale in pediatria“ Si è quindi specializzata in Anestesia e Rianimazione presso l’Università di Ferrara il 31 0ttobre 2003. Nel luglio 2004 e si è unita al team di ricerca del Prof. Zelig Eshar presso il dipartimento di immunologia dell’istituto Weizmann in Rehovot, grazie ai fondi della borsa di studio Sergio Lombroso.
    Progetto di Ricerca
    L’incidenza del carcinoma prostatico (PC) e’ in aumento in tutto il mondo. In molti paesi occidentali, dove l’incidenza e’ maggiore, il PC e’divenuto la seconda causa di morte per carcinoma e nel Nord Europa ha gia’raggiunto la prima posizione come principale causa di morte correlata al cancro negli uomini. Nonostante questa alta incidenza, le conoscenze fisiopatologiche del pc rimangono rudimentali. Una piu’ chiara comprensione del meccanismo biologico della malattia potrebbe avere un reale impatto didattico. La mia attivita’ di ricerca e’ volta allo studio degli eventi che supportano e promuovono lo sviluppo del carcinoma prostatico non-dipendente dagli androgeni dopo deprivazione ormonale. Il mio sistema sperimentale consiste sia di Xenotrapianti di PC umano in Scid mouse, sia di Tramp transgenic mouse che sviluppano il carcinoma prostatico alla puberta’ in seguito alla espressione del t-antigen sotto il sistema inducente-promotore probasin. Il fine della mia ricerca sperimentale e’ di stabilire delle linee cellulari di PC per studiare il meccanismo(i) alternativo che rimpiazza il segnale recettoriale dipendente dagli androgeni, focalizzando i miei studi su analisi biochimiche e genetiche, sia in vivo che in vitro.

  • Melania Tesio

    Melania Tesio e’ nata a Pinerolo il 15 Luglio 1978 e si è laureata in biotecnologie mediche presso l’Università degli studi di Torino con una tesi dal titolo “Caratterizzazione del prodotto dell’open reading fram e M45 del citomegalovirus murino”. Dal 2002 sta effettuando un dottorato di ricerca in oncologia umana presso l’istituto per la cura e la ricerca sul cancro di Candiolo presso il dipartimento del Prof. Aglietta. Nell’ottobre 2004 si è unita al team del Prof. Lapidot del Dipartimento di Immunologia in qualità di visiting student per un periodo di sei mesi.

    Progetto di Ricerca
    “Caratterizzazione del ruolo della proteina cmet nel processo di mobilizzazione delle cellule staminali emopoietiche” In pazienti affetti da neoplasie ematologiche oggi la piu’ promettente strategia terapeutica consiste nel trapianto di cellule staminali. Esse risiedono nel midollo osseo e possono essere indotte a proliferare e a migrare nella circolazione periferica in seguito a somministrazione di un fattore di crescita, chiamato Stimulating GCSF o “Granulocyte colony factor”. Tale processo prende nome di mobilizazione. Dopo cinque giorni di trattamento con tale farmaco le cellule staminali emopoietiche si trovano in gran numero nel sangue periferico e possono essere raccolte con un semplice prelievo del sangue. Cellule staminali sane, prelevate da un donatore compatibile, vengono trasfuse nel paziente affetto da cancro, in cui le cellule tumorali sono state precedentemente distrutte con la chemioterapia. In questo modo le cellule sane del donatore vanno a sostituire le cellule cancerose del paziente, portandolo alla guarigione. Negli ultimi anni il laboratorio del Prof. Lapidot ha chiarito alcuni dei meccanismi molecolari che sono responsabili di questo processo. E’ cosi emerso che la piu’ importante e potente molecola coinvolta in questo processo e’ una proteina chiamata CXCR4: per effetto della somministrazione di GCSF, la sua espressione aumenta sulle cellule staminali inducendone di conseguenza la proliferazione e la migrazione nella circolazione periferica. Il processo di mobilizzazione e’ pero’ un processo molto complesso che vede coinvolte numerose altre proteine ciascuna con un ruolo ben definito: dall’azione combinata di queste proteine si genera un network che nell’insieme dirige l’intero processo. La comprensione dei meccanismi che sottendono alla mobilizzazione delle cellule staminali emopoietiche, e l’individuazione dei fattori coinvolti, sono molto importanti in quanto una volta conosciuti i meccansimi operanti e’ possible modularli al fine di migliorare e potenziare la mobilizzazione. “La mia ricerca e’ volta a capire quale sia il ruolo di una proteina chiamata CMET nella regolazione della migrazione delle cellule staminali emopoietiche. Gli esperimenti condotti fino ad oggi hanno infatti dimostrato che queta proteina e’ assolutamente indispensabile al processo di mobilizzazione; quando inibita, infatti anche il processo di mobilizzazione risulta inibito. Quello che ancora non e’ chiaro e’ come la proteina agisca durante tale processo e le ragioni che la rendono un’importante regolatore della mobilizzazione. La mia ricerca ha dunque come obiettivo quello di rispondere a queste domande“.

  • Marco Cortesi

    Marco Cortesi e’ nato a Bergamo il 30 Luglio 1974 e si è laureato in Fisica presso l’Università degli Studi di Milano, il 3/12/2003 con una tesi: “development and application of neutron radiographic techniques and gamma–ray spectroscopy for BNCT during neutron irradiation”

    Progetto di Ricerca
    Dal Luglio 2004 svolge attività di ricerca, finalizzata al raggiungimento del titolo di dottorato, presso il Radiation Detection Physics Laboratory del Weizmann Insitute of Science. L’attività di ricerca consiste principalmente nella valutazione, sviluppo ed analisi di un innovativo metodo diagnostico per il cancro alla prostata. L’esistenza di una forte correlazione tra concentrazione di zinco nel tessuto prostatico e probabilità della presenza di cellule cancerogene ci ha portato a basare, il sopraccitato metodo, sulla misurazione della concentrazione di zinco tissutale mediante spettroscopia X in fluorescenza (XRF). Attualmente le misure sono effettuate su campioni di tessuto prelevati mediante biopsia, in collaborazione con lo Sheba Medical Center di Tel Hashomer (Tel Aviv). Attualmente, sono inoltre in corso studi di fattibilità e simulazioni Monte Carlo, rivolti alla progettazione di una sonda XRF transrettale che possa permettere di effettuare un imaging completo della concentrazione di zinco sulla parete prostatica rettale. Così descrive la sua attività il dott. Cortesi “ il mio personale contributo consiste nell’effettuare le misure dei campioni e nella conseguente raccolta ed analisi dei dati. A tal proposito ho sviluppato un database per la raccolta dei dati statistici ed un software per l’elaborazione ed analisi degli stessi. Inoltre ho eseguito simulazioni Monte Carlo per la progettazione del sistema di collimazione della sonda transrettale. Parallelamente alla sopraindicata attività di ricerca, dal Marzo 2005 ho iniziato lo studio e lo sviluppo di rivelatori per imaging basati sull’innovativa tecnica dei GEM (Gas Electron Multiplier). L’utilizzo delle GEM, nella realizzazione di rivelatori di particelle, è accolto con sempre più entusiasmo all’interno della comunità scientifica; sia nel campo della rivelazione di particelle in fisica nucleare o sub-nucleare sia in altri campi, in particolare in diagnostica medica.

  • Emanuel Perugia

    Emanuel Perugia si è laureato in tecnologie farmaceutiche presso l’Università degli Studi di Siena ed ha lavorato come farmacista professionista fino al giugno 2003. Dal luglio 2003, ha iniziato un progetto di ricerca nel laboratorio del professor Fridkin presso il Dipartimento di Chimica organica dell’Istituto Weizmann grazie ai fondi della borsa di studio Lombroso.

    Progetto di Ricerca
    Il dott. Emanuel Perugia così descrive la sua attività di ricerca: ”La ricerca di cui mi sto occupando da quasi un anno presso il laboratorio del professor Fridkin nell’Instituto Weizmann e’finalizzata allo studio della proteina serum amyloid a. Quest’ultima e’ una proteina plasmatica altamente conservata in tutti i vertebrati, che viene prodotta in larga quantita’ in seguito a infezione o infiammazione di cui non si conosce ancora con esattezza la funzione. In una percentuale minoritaria ma consistente di individui affetti da malattie infettive o infiammatorie croniche questa proteina va incontro ad una progressiva e nefasta aggregazione che invadendo lo spazio extracellulare degli organi interni ne distrugge la struttura e ne compromette la funzione. La malattia risultante da questo processo degenerativo e’ nota come Amiloidosi reattiva o secondaria e uccide ogni anno un numero tristemente alto di persone. Diverse caratteristiche intrinsiche dell’Amiloidosi sono paragonabili ad altre piu’ note e comuni malattie come il morbo di Alzheimer e le malattie da Prioni (come la malattia della mucca pazza e la sua variante umana VCID) in particolar modo la struttura fibrillare dei suoi aggreggati. Il mio progetto e’ focalizzato in particolar modo su quest’ultima fondamentale caratteristica patogenetica della proteina ovvero la sua aggregazione e prevede diverse fasi: la creazione di un modello semplificato dell’ aggregazione della proteina in vitro, la creazione di un modello della malattia usando culture cellulari, e di un modello in vivo nelle fasi finali. Tutti e tre questi modelli hanno una duplice funzione ovvero da una parte mettere luce sul meccanismo che porta alla malatti, dall’altra aiutarci nello sviluppo e valutazione della potenza di molecole inibitrici che pure sono parte integrante del nostro progetto” Il dott. Perugia intende poi conseguire il Ph.D. presso la Feinberg Shool del Weizmann Institute.

  • Letizia Carramusa

    Letizia Carramusa si è laureata in Scienze biologiche presso l’Università degli studi di Palermo ed ha conseguito il Ph.D. presso il dipartimento di Biologia cellulare dell’Università di Palermo nel 1999. Ha quindi ottenuto la borsa di studio Lombroso nel febbraio 2003 per svolgere un programma di post-dottorato presso il dipartimento di Biologia Molecolare diretto dal Prof. Eli Canaani.

    Progetto di Ricerca
    La Dott.ssa Carramusa così descrive la sua attività di ricerca: “Il gene all-1/mll codifica per un regolatore della trascrizione coinvolto nello sviluppo, ed e’ frequentemente sede di traslocazioni cromosomali in sottotipi di leucemie acute, delle cellule linfoidi e mieloidi (all e aml). Recentemente, applicando la metodologia del ‘dna microarray’ sono stati costruiti i profili di espressione genica caratteristici delle leucemie all e aml, con riarrangiamenti a carico del gene all-1. Sono stati cosi’ identificati diversi geni, over-espressi, alcuni dei quali, potrebbero giocare un ruolo essenziale nella patogenesi. Il progetto in corso, si propone di revertire la up-regolazione di tali geni, utilizzando la tecnica dell ‘Rna interference’ (IRNA) in linee cellulari e tumori primari con riarrangiamenti a carico del gene all-1. Verrà pertanto esaminato l’effetto di queste manipolazioni, allo scopo di capire se le cellule tumorali hanno perso la loro capacità di indurre un fenotipo leucemico nei topi.”

  • Susanna Di Segni

    Susanna Di Segni è nata a Roma il 10 ottobre 1976 e si è laureata in Chimica e Tecnologie farmaceutiche, il 14 gennaio 2002 con una tesi su “Peptici contenenti una giunzione solfonamidica, analoghi modificati di un tripeptide chemotattico” nel laboratorio del Prof. Gino Lucente presso la Facoltà di Farmacia dell’Università degli Studi di Roma. Nell’aprile 2002, ha vinto la prima borsa di studio “Sergio Lombroso” recandosi nello stesso mese all’Istituto Weizmann. Susanna è stata ospitata dal Prof. Mati Fridkin, in qualità di “Visiting Student“ presso il dipartimento di Chimica Organica dell’ Istituto Weizmann al fine di eseguire un programma di ricerca in “sintesi e studio delle relazioni dell’attività dei neuropeptiti rispetto al GnRH.”

    Progetto di Ricerca
    Il lavoro che la Dr.ssa Di Segni ha svolto durante la tesi è stato proseguito in Israele. Nell’ambito del progetto sono stati sintetizzati alcuni analoghi dell’ormone peptidico LHRH (Luteinizing Hormone Releasing Hormone) contenenti delle modificazioni atte a renderli maggiormente resistenti alle degradazioni enzimatiche e a conferirgli oltre ad una maggiore durata d’azione anche una maggiore potenza. La Gonadoliberina (LHRH) è il neuroromone responsabile della regolazione del sistema riproduttivo nei mammiferi controllando il rilascio di altri due ormoni dalla ghiandola pituitaria anteriore LH (Luteinizing Hormone) e FSH (Follicle Stimulating Hormone) che a turno stimolano la steiroidogenesi e la gametogenesi. Per alcune sue caratteristiche peculiari questo ormone viene utilizzato nel trattamento di alcune neoplasie ormono-dipendenti come il tumore della prostata e della mammella; lo sviluppo di agonisti e antagonisti di questo decapeptide è di grande interesse per il loro vasto utilizzo e per ottenere molecole più utili terapeuticamente rispetto all’ormone nativo”. Il lavoro è stato presentato come poster al congresso: Peptide and Aminoacid Symposium tenutosi a Roma, nel settembre 2003